Valutazione della qualità di vita a lungo termine in pazienti affetti da malattie rare dopo artrodesi per gravi deformità vertebrali
Negli ultimi anni si è andata affermando l’esigenza di avere informazioni circa l’efficienza di una terapia in termini biologici, psicologici e sociali. Questa evoluzione è la conseguenza della necessità di gestione degli esiti a lungo termine delle malattie croniche degenerative e della considerazione del paziente non più come oggetto delle terapie ma come soggetto attivo nel processo di cura.
Il risultato delle terapie non va solo valutato “dal punto di vista del medico”, e cioè solo sulla base della normalizzazione dei parametri fisiologici, ma anche “dal punto di vista del paziente”, cioè tenendo presente l’effetto che la malattia e le cure hanno sul paziente inteso come individuo inserito in un contesto socio-culturale. In altre parole, emerge la necessità di valutare l’impatto che la malattia e le cure hanno sulla qualità di vita del paziente.
Le malattie rare non costituiscono un riconosciuto gruppo nosologico di malattie bensì un eterogeneo e numeroso gruppo di condizioni morbose definite sulla base di una bassa prevalenza nella popolazione. Pur interessando ciascuna un piccolo numero di individui, solo apparentemente le malattie rare sono un problema di pochi, rappresentando il 10% della patologia umana e il 30 % delle patologie pediatriche severe; un problema dunque di innegabile rilevanza sociale ed economica.
Il razionale di raggruppare più malattie all’interno di uno stesso gruppo consiste proprio nelle comuni problematiche clinico-assistenziali che sono la difficoltà diagnostica, la scarsità delle possibilità terapeutiche, l’andamento cronico e gli esiti invalidanti. Tutto questo si complica se si considera l’esiguo numero e la non omogenea distribuzione di centri specialistici in grado di fornire risposte soddisfacenti ai bisogni di salute di questi pazienti.
Le deformità vertebrali nei pazienti affetti da malattie rare costituiscono uno dei molti possibili problemi connessi alla malattia principale; talvolta la deformità vertebrale è ineluttabile, grave e diviene il problema più rilevante tanto da poter compromettere significativamente la qualità di vita o addirittura influenzare la prognosi “quod vitam”. Nell’eterogeneo gruppo delle malattie rare, quelle a più “alto rischio vertebrale” sono:
- osteocondrodisplasie
- malattie neuromuscolari
- collagenopatie
- neurofibromatosi
Pur trattandosi di malattie distinte, nelle quali la deviazione vertebrale prevede eziologia, meccanismi patogenetici e tipologie di curva differenti, alcune osservazioni sono comuni. Sono spesso deformità ad insorgenza precoce (I o II infanzia), ad evoluzione rapidamente progressiva e rigide.
Questi aspetti giustificano le difficoltà del trattamento ortopedico con gessi e corsetti, considerando anche altre possibili problematiche quali la grave ipostaturalità, le deformità toraciche o la costrizione in carrozzella. D’altra parte il trattamento chirurgico di artrodesi vertebrale pone spesso lo specialista di fronte a problemi di coscienza e a quesiti a cui non sempre è facile rispondere: vale la pena operare?
Il rapporto costo / beneficio da che parte fa perdere l’ago della bilancia?
Nella valutazione dell’indicazione chirurgica non bisogna generalizzare. Ogni caso deve essere accuratamente studiato non solo sulla base della storia naturale della deformità vertebrale in questione, ma approfondendo lo studio delle condizioni generali del paziente avvalendosi della collaborazione di altri specialisti. Bisogna valutare le aspettative di vita in base alla situazione cardio-respiratoria e considerare la qualità di vita del paziente attualmente e proiettata nel dopo intervento. Dopo aver fatto e pensato tutto ciò, bisogna mettere sul piatto della bilancia i vantaggi e gli svantaggi della chirurgia e informare paziente e genitori senza nascondere i rischi sempre in agguato in questo tipo di trattamento.
Fig.1 Femmina, anni 13. Rx pre- e post-operatatoria di correzione e artrodesi posteriore di grave deformità vertebrale in collagenopatia.
Negli ultimi decenni l’introduzione di strumentari a correzione tridimensionale ha rivoluzionato le possibilità correttive delle gravi deformità vertebrali, consentendo di ottenere risultati un tempo impensabili e di estendere l’indicazione al trattamento chirurgico anche a quelle forme secondarie ad alto grado di curvatura, altrimenti ritenute inoperabili (Fig.1). Il ricorso alla via di accesso anteriore o ad entrambe, anteriore e posteriore, in uno o due tempi distinti, si è diffuso soprattutto nelle forme secondarie e nei casi di particolare rigidità della colonna. L’insieme di questi notevoli progressi ha determinato tuttavia, oltre ad un aumento delle possibilità terapeutiche, anche un notevole incremento della complessità degli interventi e una maggiore esposizione al rischio di complicanze peri- e post-operatorie operatorie rispetto ad altri tipi di chirurgia ortopedica. Non bisogna, infatti, dimenticare che spesso questi pazienti nel post-intervento necessitano di una assistenza in terapia intensiva, possono avere difficoltà nel divezzamento respiratorio o nella stabilità
emodinamica.
Inoltre, date le possibili caratteristiche distrofiche dell’osso e la difficoltà della cute alla cicatrizzazione o l’aumentata suscettibilità alle infezioni, spesso si presenta la possibilità di una revisione chirurgica. Nonostante tutto ciò, è ormai ampiamente documentato in letteratura, e confermato dai risultati della nostra esperienza che, oltre all’oggettivo risultato favorevole della correzione chirurgica della deformità vertebrale “dal punto di vista del medico”, il beneficio a lungo termine, quantificato attraverso specifici questionari di valutazione, risulta positivo sia “dal punto di vista del paziente”, dei suoi familiari e di tutte le persone coinvolte nella loro assistenza quotidiana. L’artrodesi nelle gravi deformità vertebrali deve quindi essere considerata tra gli innumerevoli provvedimenti terapeutici finalizzati al miglioramento della qualità della vita dei pazienti affetti da malattie rare.
Alessio Lovi
IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi – Milano / Istituti Clinici Zucchi – Monza